Un recente studio pubblicato su McKinsey Qarterly (2011) annuncia che entro il 2015, più della metà dei nuclei familiari con un reddito annuo superiore ai 20.000 USD, risiederanno in uno dei cosiddetti “paesi emergenti”. Inoltre, ci si aspetta che il contributo alla crescita del PIL mondiale di Cina, India, Brasile, Messico, Russia, Turchia e Indonesia si attesterà attorno al 45%.
Per le imprese, questa notizia rappresenta al tempo stesso un’opportunità ma anche una sfida in quanto è necessario rivedere il tradizionale concetto di “country-level strategy” del marketing internazionale. In paesi come Cina e Brasile, i tassi di crescita, il livello di sviluppo sociale, infrastrutturale e imprenditoriale variano anche molto tra le diverse regioni. Occorre quindi, non solo ricorrere alla tecnica classica della segmentazione (identificazione e raggruppamento dei consumatori in insiemi omogenei rispetto ad un criterio di scelta quale: propensione all’acquisto, usi, abitudini, ecc.), ma definire all’interno del paese dei gruppi locali che rappresentano quasi delle “nazioni nella nazione”. Di conseguenza non solo non funziona più l’approccio “one-size-fits-all”, ma anche le metodologie di analisi e valutazione proprie del marketing internazionale vanno riviste.
Le opportunità di business non si possono identificare solo ad un livello nazionale ma occorre mapparle città per città in un’ottica dinamica. Infatti, i ritmi di crescita che interessano tali economie, richiedono alle imprese di “spostarsi” da una città all’altra per seguire lo sviluppo delle opportunità che a loro volta migrano sempre più dalle città metropolitane verso le aree più interne e rurali del paese.
Capire questa variabilità e riuscire a gestirla significa sviluppare un approccio e strategie specifiche, adatte ad ogni singolo gruppo / città e abbastanza flessibili da poter essere riviste su base anche annuale per poter meglio seguire i cambiamenti a livello sociale, demografico e di reddito della popolazione. Fare previsioni circa l’andamento dei consumi per un certo prodotto su un orizzonte temporale di 5 anni è molto difficile in quanto i cambiamenti di cui sopra avvengono rapidamente e nell’arco di poco tempo si può verificare un boom di consumo oppure un crollo per effetto di un nuovo trend.
Nel caso della Repubblica Popolare Cinese, per esempio, si possono fare le seguenti riflessioni:
– la segmentazione a livello delle principali città sulla base di fattori demografici, caratteristiche dei consumatori, ecc. deve essere volta all’identificazione di alcuni clusters abbastanza omogenei da poter essere considerati come un unico mercato per il quale formulare una strategia;
– gli sforzi di marketing vanno focalizzati nei clusters selezionati al fine di ottenere una quota di mercato al loro interno. Il target consiste nel raggiungere un 10 / 15 % di market share in quanto questo livello permette di creare brand awarness, stimolare il “passa parola” e conquistare ulteriore spazio senza dover per forza sopportare dei costi extra di marketing;
– i tassi di crescita “storici” riferiti a reddito, consumi, ecc. vanno utilizzati con cautela nel fare le previsioni sul futuro. In certe zone dove il livello del reddito ha già raggiunto un livello discreto (area di Shenzhen) è meglio aspettarsi margini di crescita più contenuti per prodotti di consumo, che possono essere invece potenzialmente più interessanti in altre aree storicamente più “arretrate” (ad esempio Nanchang) e che magari non sono ancora in una fase “emergente”. Questo per sottolineare che le potenzialità di ciascun cluster e le aspettative di crescita, non dovrebbero essere considerate unicamente in relazione al livello di reddito pro-capite;
– evitare le generalizzazioni. Sembra scontato ma forse non lo è: meglio non considerare il mercato cinese come una nazione “uniforme” e un target ben definito… Il miglior approccio consiste nel vedere la Repubblica Popolare Cinese come fosse l’Europa. Le imprese non si riferiscono in modo univoco al mercato e ai consumatori “europei” ma, consapevoli della grande varietà esistente, a singole nazioni e/o regioni. Lo stesso deve valere per la Cina: non esiste” il consumatore cinese”, sussistono infatti rilevanti differenze culturali, sociali, linguistiche ed economiche che vanno analizzate e che portano alla definizione dei diversi clusters.
Per approfondire: Atsom, Y. et al. (2011), Is your emerging-market strategy local enough?, McKinsey Qaurterly, 2, p. 50-61
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