Un recente testo di Kotler, Marketing 3.0: dal prodotto, al cliente, all’anima, è lo spunto per una serie di riflessioni riguardo la graduale comparsa di un nuovo paradigma di marketing: il Marketing 3.0 quale evoluzione rispetto al Marketing 1.0 e al 2.0.
Il primo si è sviluppato con l’affermazione dell’era industriale e della produzione di massa. Il focus principale è costituito dal prodotto standardizzato e dalla necessità di vendere i prodotti usciti dalle fabbriche sul mercato. Attualmente stiamo vivendo la fase successiva, quella del Marketing 2.0, caratterizzata dallo sviluppo della società dell’informazione e dalla necessità di soddisfare un consumatore sempre più esigente e protagonista dell’economia. Se questo è il punto di partenza, qual è la direzione per i prossimi anni? Innanzitutto, il concetto di consumatore va rivisto andando a recuperare la dimensione più umana caratterizzata non solo da bisogni ma anche da emozioni, sentimenti e valori. Il concetto di marketing si “eleva” alla sfera delle aspirazioni, dei valori e le imprese che lo applicano devono possedere e applicare delle mission, vision e valori volti a dare un contributo alla società e al mondo.
I pilastri su cui poggia questa nuova evoluzione del marketing sono principalmente tre:
- Social media collaborativi che consentono di invitare il pubblico a collaborare con l’impresa nello sviluppo dei prodotti e delle comunicazioni;
- Globalizzazione e marketing culturale che consiste nella presa di coscienza delle preoccupazioni e desideri dei cittadini del mondo globalizzato;
- Società creativa. Gli individui sono i protagonisti e il bisogno di autorealizzazione diventa quello primario, portando così ad un rovesciamento della tradizionale piramide di Maslow. Le persone non cercano solo prodotti in grado di soddisfare dei bisogni specifici ma aspirano a fare esperienze e trovare modelli che coinvolgano anche la sfera più personale e spirituale.
Il tipo di marketing che emerge è fortemente influenzato dai cambiamenti nel comportamento e negli atteggiamenti dei consumatori e può essere meglio definito come “collaborativo, culturale e spirituale”.
Ovviamente questa nuova impostazione non vuole svuotare di contenuti i precedenti modelli: segmentare il mercato, definire il posizionamento, curare le quattro P, costruire un brand continueranno a rappresentare attività importanti del marketing. Ciò che cambia, tuttavia, è la prospettiva e le modalità con le quali vengono pensate all’interno delle imprese. Ad esempio la combinazione di marca, posizionamento e differenziazione, nel marketing 3.0, viene completata con le “tre i”: identità (posizionamento della marca nella mente del pubblico), integrità (capacità di mantenere ciò che si afferma mediante il posizionamento e la differenziazione) e immagine di marca (riguarda l’acquisizione di una quota consistente delle emozioni dei consumatori).
Come tradurre nella pratica aziendale questo nuovo orientamento? L’approccio migliore consiste nel partire dalla missione, visione e valori dell’impresa. La missione è il centro, il nucleo del business e della personalità dell’impresa e ha le sue radici nel passato, partendo dalla fondazione dell’azienda. È essenziale elaborare una missione che sia “buona”, proponendo una prospettiva di business in grado di migliorare la vita dei consumatori. Per fare ciò aiuta molto creare una storia che sappia toccare il pubblico, con le potenzialità di avere un impatto significativo sul mercato e che sia semplice e chiara al tempo stesso. Un esempio in tal senso è il brand Virgin, lanciato negli anni ’70 da Richard Branson, la cui missione è così sintetizzata “Portare un’iniezione di entusiasmo in settori grigi e noiosi”.
La visione riguarda invece il futuro e ciò che l’impresa aspira a diventare e conseguire. Nel marketing 3.0 dovrebbe incarnare il concetto di sostenibilità che è fonte di vantaggio competitivo a lungo termine in quanto l’adozione di prassi sostenibili consente di migliorare la produttività a livello di costi, accelerare la crescita del fatturato e il valore di marca.
I valori rappresentano invece l’insieme dei criteri, simboli, priorità e prassi che caratterizzano i comportamenti del management.
La sfida sta poi nel riuscire ad allineare missione, visione, valori e comportamenti dell’azienda e contemporaneamente stabilire delle regole per legare direttamente le azioni ai valori.
Alcune idee: non solo promuovere iniziative sociali e filantropiche ma operare come cittadini responsabili, proporre soluzioni ai problemi sociali attraverso la creazione di posti di lavoro, proponendo innovazioni e offrendo a tutti gli strumenti necessari per progredire lungo la piramide di Maslow.
Interessante. Il tema del rovesciamento della piramide di Maslow l’ho percepito da tempo. In sostanza per raggiungere l’autorealizzazione, bisogno ormai considerato fondamentale ma originariamente punta della piramide, dobbiamo rinnegare il bisogno primario del cibo per restare in linea … tempi moderni.
Per il resto diventa 3.0 pensare che missione, valori e comportamenti delle persone debbano essere legati ai veri valori dell’impresa: non dico quello che non sono, non faccio quello che non so, non prometto se non so di mantenere. E’ forse questo? Ancora una volta …. tempi moderni.